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Nicoletti (PD), Il referendum costituzionale spiegato ai romeni: «Le oposizioni xenofobe votano NO»

Onorevole Michele Nicoletti, da tanti mesi in Italia si parla soltanto del Referendum e la materia è abbastanza complicata per i non addetti ai lavori. Ci può spiegare in breve, in poche parole, qual’è l’essenza di questa riforma?

Da almeno 35 anni il funzionamento delle nostre istituzioni politiche è giudicato insoddisfacente da tutti i partiti politici. Il testo della riforma – che non tocca i principi fondamentali della Costituzione, la forma di governo e i poteri della magistratura – cerca di rendere le istituzioni più efficienti, per rendere un migliore servizio ai cittadini e dare loro più forza. Tre sono i punti fondamentali:

1) Rendere più lineare e incisivo il lavoro del Parlamento e del Governo di fronte alle sfide mondiali e europee. Ora è lento e complicato perché Camera e Senato – unico caso in Europa! – hanno lo stesso potere di dare e togliere la fiducia al Governo e di approvare o respingere tutte le leggi. Ci sono così incredibili lungaggini e poteri di veto da parte di piccoli gruppi che possono far cadere il Governo o bloccare una legge senza risponderne ai cittadini. In Italia l’instabilità dei Governi e la difficoltà di procedere del Parlamento sono due malattie da curare urgentemente.

2) Evitare gli sprechi, le inefficienze e le disuguaglianze tra le Regioni stabilendo chiari standard nazionali che offrano a tutti i cittadini in ogni parte del territorio servizi di qualità. Oggi purtroppo – si pensi alla sanità – ci sono disparità inaccettabili: in alcuni territori l’aspettativa di vita è 4 anni più bassa che in altri.

3) Rafforzare il potere dei cittadini con la possibilità di proporre leggi di iniziativa popolare e rendendo più semplici i referendum.

Il governo Renzi e il premier stesso scommettono tutto sulla riforma costituzionale. Se non dovesse passare, cosa succederebbe?

Da 35 anni proviamo a cambiare e tutti i tentativi di riforma sono sempre falliti. Non voglio nemmeno pensare che la riforma venga respinta dal referendum: per più di due anni abbiamo lavorato in Parlamento per approvare questo testo, ora speriamo che i cittadini dicano di “sì”. Se vincesse il “no”, sarebbe un brutto colpo per la credibilità del nostro Paese. Tutti penserebbero che non siamo un Paese capace di risolvere i propri problemi. E sarebbe un’incredibile occasione perduta. A rimetterci non sarebbe questo Governo ma i cittadini che si troverebbero costretti a tenersi per altri 30 anni istituzioni insoddisfacenti. Dopo un referendum che boccia il cambiamento, nessun partito riuscirebbe a riformare le istituzioni.

Un obiezione forte che viene fatta è che, vista la situazione dell’Italia, la crisi, il debito pubblico, si impiegano tante energie per il referendum ed anche per la legge elettorale. Quanti posti di lavoro creerà la vincita del SI?

Riforma costituzionale e riforma della legge elettorale sono solo un pezzetto delle riforme. In campo economico il Governo ha varato misure importanti come il Jobs Act che ha contribuito a creare molti posti di lavoro pur in una situazione molto difficile dal punto di vista economico. La vittoria del “sì” farà risparmiare molte risorse allo Stato. I nuovi Senatori saranno solo 100 (oggi sono 315) e saranno consiglieri regionali o sindaci che non avranno una loro indennità. Sono abolite definitivamente le Province e la semplificazione del processo legislativo farà risparmiare tempo e denaro. Queste risorse pubbliche potranno essere investite in migliori servizi ai cittadini, ma la riforma farà risparmiare molti soldi anche ai cittadini e alle imprese: oggi, ad esempio, la differenza tra Regione e Regione comporta un sacco di spese e di noie burocratiche come accade agli autotrasportatori che per un trasporto eccezionale devono chiedere autorizzazioni diverse in tutte le Regioni attraversate.

Matteo Renzi dipinto come un possibile Mussolini. Se passa la nuova Costituzione, il premier avrà i poteri di un dittatore?

Questa è una delle barzellette che raccontano quelli del “no”! Basta leggere il testo della riforma e si vede subito che i poteri del premier non aumentano di un grammo. L’Italia rimane solidamente una democrazia parlamentare in cui il Parlamento vota la fiducia al Governo e quindi può farlo cadere quando vuole. Noi ci auguriamo solamente che dopo 70 anni di repubblica in cui l’Italia ha avuto 63 governi, la nostra possa diventare una democrazia stabile in cui il Governo basato sul voto popolare possa rimanere in carica per tutti i 5 anni della legislatura. Altrimenti il nostro peso in Europa sarà nullo. E lì si prendono le vere decisioni!

In Italia vivono oltre 5 milioni di stranieri, 8% della popolazione. Il cambiamento della Costituzione influirà, ovviamente, anche sulle loro vite. Nessuno ha chiesto alle comunità straniere cosa ne pensano. Soltanto perché non votano?

Questa è un’ottima osservazione. Il dialogo tra la politica italiana e le comunità di stranieri ha bisogno di essere rafforzato perché queste comunità oggi stanno dando un fondamentale contributo alla vita del nostro Paese. Chi non è cittadino italiano non vota, ma paga le tasse e ha diritto di vedersi ascoltato. Si può fare meglio ma si deve anche riconoscere che per le comunità straniere il Governo e il parlamento hanno preso provvedimenti significativi come la legge sulla cittadinanza nonostante gli atteggiamenti ostili delle opposizioni, spesso xenofobe, che oggi votano “no”. Votare “sì” è anche votare per una politica più aperta, più inclusiva, più solidale.

Tanti cittadini romeni che vivono in Italia non chiedono più la cittadinanza italiana, ne hanno già una cittadinanza europea. Non possono votare alle elezioni politiche, anche se residenti qui da anni e non sono politicamente rappresentati in Italia da nessuno. Come si può risolvere questo deficit di rappresentanza?

Questa è una delle grandi sfide del futuro per l’Europa! Dobbiamo rendere più effettiva la cittadinanza europea anche sul piano politico. Ciò significa che i cittadini europei residenti in un altro Paese UE devono avere la possibilità di partecipare alla vita politica del Paese di origine, ma anche alla vita del Paese in cui risiedono. Bisogna pensare a nuove forme di partecipazione a partire dalle amministrazioni locali e a forme di rappresentanza delle Comunità straniere che abbiano un riconoscimento e una voce in capitolo sulle decisioni che toccano la loro vita. “No tax without representation” “nessuna tassa senza rappresentanza” è un principio fondamentale delle democrazie liberali che assieme dobbiamo cercare di rendere operativo. Su questo il Consiglio d’Europa, in cui sono impegnato, sta lavorando attivamente e il Governo italiano e il PD sono pronti a discutere e a collaborare seriamente con le comunità straniere.

Sorin Cehan, Andi Rădiu


Interviul în limba română:

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